di: storieabruzzesi.it blog d'informazione Cronista di giorno, musicista (rock) di notte Musicista rock, esperto di basket, giornalista, interprete, traduttore. La personalità di Paolo Marini è alquanto eclettica. Chi scrive lo ha conosciuto da musicista, condividendo con lui uno dei suoi primi progetti (i “Blank”, riemersi di recente sulla piattaforma Teramorock.com) a metà degli anni Novanta. Ora questo collega dai mille interessi, che fatica a trovare del tempo libero nonostante nutra la sola ambizione di coltivare insieme tutte le sue passioni, sta per tagliare il traguardo dei venti anni di carriera musicale. Una passione coltivata silenziosamente, ma che gli è valsa alcuni significativi riconoscimenti, a livello nazionale, da riviste musicali specializzate. Con lui parliamo di tutto, partendo naturalmente dalla musica. Qual è stata la scintilla da cui è partito tutto e chi (band, persona o altro) ringrazi per questo? «Posto che carriera mi sembra un termine impegnativo nel mio caso, posso dire che la scintilla è stata innescata dalla voglia di condividere urgenze e piaceri con amici, e da una naturale esigenza espressiva». Come definiresti la tua musica? «Un modo diretto per entrare in contatto con altre sensibilità». Si tratta comunque di un tentativo di evadere dalla realtà oppure di interpretarla e quindi, in qualche maniera, di esorcizzarla? «Più che di evasione parlerei di sopravvivenza sul campo. Pur avendo viaggiato e ricevuto la spinta ad inserirmi stabilmente in contesti culturali differenti, vicende personali mi hanno portato a scegliere di rimanere a Teramo. La musica resta una componente fondamentale della mia vita, ma ho i piedi ben piantati a terra». Delawater o Amelie Tritesse? Quale dei due progetti musicali riflette meglio la tua personalità? «Meglio o peggio, in entrambi i contesti vengono fuori amicizia, ricerca sonora e curiosità. Questi sono sempre stati elementi basilari nel mio percorso musicale. Con Amelie Tritesse si sperimenta più con le parole, grazie alle storie scritte da Manuel Graziani (gli altri membri della band sono Stefano e Giustino Di Gregorio, e Matteo Borgognoni), mentre con i Delawater (ne fanno parte anche Pierluigi Filipponi, Andrea Marramà, Stefano Di Gregorio e Serafino Bucciarelli) si viaggia su coordinate sonore più melodiche e psichedeliche, come hanno sottolineato molti recensori dell’ultimo disco “Open book at page eleven”». Le cinque soddisfazioni più belle ricevute in campo musicale. «In fase random, direi: intervistare a Bologna il chitarrista degli Slint, David Pajo; chiacchierare con Mark Lanegan con indosso una maglietta dei Pixies; sentire più volte su RadioRai3 le canzoni di Iver and the driver, progetto “folk-tronico” che ho creato con Giustino Di Gregorio; suonare sullo stesso palco un po’ prima di Thurston Moore dei Sonic Youth; trovare gli stimoli giusti per evolvermi musicalmente ed evitare di suonare sempre la stessa canzone». Non male anche essere riusciti ad ottenere riconoscimenti in campo nazionale da parte ad esempio delle riviste di settore. Resta il problema di come finanziare questa passione… «Ci si finanzia suonando e valutando attentamente se è più urgente investire in un nuovo effetto per chitarra, un nuovo portatile o un nuovo disco. Poi, il tempo aiuta a svuotarsi di ambizioni fuori contesto. In Italia campare con una proposta musicale non convenzionale diventa molto improbabile. Quindi, per rispondere alla tua domanda: razionalizzo!». Ogni città – e parliamo ovviamente di Italia – ha il suo circuito di band giovanili locali che, però, restano quasi sempre “undergound” rispetto alla manifestazioni culturali dominanti. Eppure il fenomeno richiama l’attenzione di centinaia, a volte di migliaia di ragazzi. Ritieni che per la musica rock e le sue derivazioni ci sia un pregiudizio o un atteggiamento volutamente discriminatorio da parte degli amministratori locali (tipo tenere a bada i violenti)? «Sarò tra virgolette sorpassato ma preferisco che l’underground resti tale, un mondo da scoprire, da andarsi a cercare. Il valore di un evento si misura in pubblico se lavori come politico o sondaggista, io non ne faccio invece un discorso numerico ma di contesto. Possono starci dieci o mille persone davanti a una band che suona dal vivo, ma se stai vivendo un’esperienza precostituita o genuina lo definisce il dove ti trovi in quel preciso momento. Sono cresciuto con queste convinzioni e ancora le considero credibili». Musicista ma anche giornalista: dalle cronache musicali e del basket nazionale alla direzione di un sito internet locale: rifaresti tutto? «Diciamo che mi attira più cercare di fare meglio in futuro che rifare un po’ meglio il passato (risate)». Teramo nell’Olimpo del basket nazionale dal 2003 al 2012. Quasi dieci anni di permanenza in serie A hanno lasciato solo debiti a Teramo o qualcosa di più? «Questo periodo mi ha dato e tolto un lavoro, mi ha lasciato una condivisa amarezza e la sensazione che a risultati troppo grandi da sostenere spesso corrispondono scelte troppo grandi da sostenere». Qual è stato, secondo te (da osservatore esterno), l’errore più grande che ha portato al fallimento della società? «Farsi trascinare dalle ambizioni sempre e comunque, a fronte di un sistema che sembra indurre a ritenere questo approccio percorribile». Dirigi un sito di informazione locale. Qual è secondo te il limite del giornalismo online locale? E quale il suo futuro? «Il limite del giornalismo online locale è che nella maggior parte dei casi non crea reddito sufficiente, e inoltre non vedo grandi investimenti nel settore. Ci sono pochissimi che stanno bene e tantissimi che si sbattono per sopravvivere. La situazione va peggiorando, e oltre a deprimere costantemente le vite di chi vorrebbe semplicemente lavorare in maniera dignitosa, la qualità del servizio tende a scendere. Futuro? Al momento, grigio». Cosa rimprovereresti alla tua città se dovessi giudicarla da artista? «Esprimo la mia sensibilità tramite la musica ma sentirmi chiamare artista mi suona un po’ eccessivo. Io non provo a campare della mia arte, non vivo dopotutto in un contesto che mi permetterebbe di farlo. I rimproveri sono conseguenza delle aspettative e io ne ripongo poche ad esempio nelle istituzioni. Lo dico a ragion veduta perché per anni sono stato attivo nell’organizzare iniziative. In zona esistono e resistono comunque valide micro realtà, e anche se il lavoro ha ridotto il tempo a disposizione per le passioni, quando posso cerco contesti interessanti. Per fortuna ci sono teramani che mi trasmettono ancora entusiasmi condivisibili». CHI È Nato il 6 agosto 1972 a Teramo, si è laureato in Lingue e Letterature Straniere all’Università di L’Aquila nel 2000 e ha passato del tempo in Inghilterra a perfezionare “sul campo” l’inglese. Tornato in città, ha intrapreso l’attività di giornalista occupandosi di sport, cronaca locale e altro per il quotidiano “Il Messaggero” e maturando così i requisiti per l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti. Ha affiancato diverse attività lavorative al giornalismo, sia a livello locale (“Teramo Triathlon Team”, “Cineforum Teramo”, Università di Teramo, Provincia di Teramo) sia a livello nazionale (la rivista di basket “Dream Team”, per la quale ha scritto report da New York City). Da oltre tre anni è direttore responsabile del primo quotidiano on-line nato in Abruzzo, TeramoNews.com, e continua ad ampliare il proprio coinvolgimento nel mondo della scrittura per il web con altre collaborazioni. Ha parlato per anni di musica sul magazine “Mood” e condotto programmi per RadioFrequenza. La casa editrice “Demian” gli ha affidato anni fa il compito di coordinare la raccolta di racconti scritti da autrici teramane “TestiMonia”. Da molto tempo scrive canzoni e realizza dischi con vari progetti musicali (Blank, Matt Murdock, Orange Indie Crowd, Famous Players, Iver and the driver, Amelie Tritesse, Delawater, The dead man singing). Ha una passione smisurata per il basket NCAA (il massimo livello del basket collegiale negli Stati Uniti d’America) e gioca nel campionato CSI di pallacanestro con la “Teramo a Spicchi”. Nicola Catenaro Intervista pubblicata su “La Città quotidiano” del 23 gennaio 2014 Fai clic qui per effettuare modifiche.
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Esce sotto i fiocchi della prima neve di novembre (sempre in versione digitale e gratuita) il terzo singolo del riservato progetto A minor place. Il brano, raffinato ed incisivo, si intitola In the motor city-ode to Monica C. e l'immagine che lo accompagna è, come di consueto, una grafica dell'artista Madame Zissou. Buon ascolto.
Rilasciato da pochi giorni, su tutti i social network musicali, il secondo singolo del progetto A minor place. "Convent Upon Ohře" è il titolo del tenero brano che la sigla A minor place ha pubblicato e corredato di una raffinata immagine. La copertina di riferimento del brano, come anche tutta la rappresentazione visiva del progetto, è stata realizzata con un gusto delicato dall'artista grafica Marta Balducci; già collaboratrice tra l'altro di vari progetti a carattere musicale (https://www.facebook.com/pages/Madame-Zissou/511973485545890).
Il progetto A Minor Place è il prodotto di: "una bella donna e del suo uomo barbuto..."(A.M.), che ha suonato e suona ancora il basso, da più di venticinque anni, con diverse formazioni locali. Marta ha curato, con raffinate maniere, l'altrettanto importante parte grafica: copertine, logo, ecc... (Marta, chi sarà mai? Perchè non concederci altre immagini al più presto? n.d.r.). Con la collaborazione, per la produzione, il mixaggio ed il mastering, del chitarrista Matteo Borgognoni, possiamo ascoltare Epic Deeva, il primo singolo prodotto da A Minor Place. Il 25 ottobre '13 sarà pubblicato in rete un altro pezzo, e poi altri ancora quando saranno pronti.
https://soundcloud.com/a-minor-place http://aminorplace.bandcamp.com/track/epic-deeva |
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Dicembre 2023
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